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— IN CONVERSAZIONE CON MARA PALENA

Mara Palena

 

Mara Palena è una giovane e talentuosa fotografa che lavora tra Milano e Londra, con uno stile impeccabile e ben definito che parte dallo scatto fotografico per spingersi altrove esplorandone limiti e confini sfociando nel collage, accostandosi alla parola scritta, al video e all’installazione. Una fotografa di cui sicuramente sentiremo parlare e di cui sarà bene tenere d’occhio il percorso.

 

In che modo senti di esprimere più pienamente te stesso?

Sento di esprimermi a pieno attraverso l’inquietudine. Mi spiego meglio… non sono sicura ci si possa esprimere pienamente, sarebbe troppo facile e la soddisfazione porterebbe ad una “fine”, al termine della ricerca e ad una sorta di morte personale. L’inquietudine è il motore che mi spinge a fare quello che faccio, l’esigenza di non fermarsi e continuare a porsi delle domande portando avanti la propria ricerca di vita. Nel mio caso, da sempre, lo faccio attraverso diversi canali: la fotografia, la grafica, il video e la danza.

 

Se dovessi scegliere un simbolo che ti rappresenti quale sarebbe?

Direi la spirale. Mi affascina che porti con se delle accezioni opposte e delle contraddizioni. Credo mi rappresenti, in quanto simbolo sempre in divenire legato sia alla morte che alla rinascita.

 

Cos’è per te la materia?

La materia è tutto ciò che è fisico, con una massa, percepibile al tatto, con una forma, distruttibile e divisibile. Senza materia, ci sarebbe solo tempo, energia e percezione. Insomma un delirio. La materia per me è l’elemento che tocca la realtà o meglio l’unico elemento che ci fa percepire la realtà come oggettiva.

 

Sovvertire le regole, potendo farlo, quale regola vorresti scardinare?

Questa è la domanda più complicata. Sovvertire e disobbedire mi ha sempre intrigato ma al giorno d’oggi non c’è più così tanto gusto, siamo apparentemente liberi, almeno nella società occidentale. In una società con meno regole rispetto al passato ci troviamo comunque ad affrontare alcune dinamiche ataviche influenzate da un retaggio culturale che ci trasciniamo da generazioni. Mi piacerebbe fare un “aggiornamento di sistema” nelle menti degli individui in cui istallerei una nuova teoria sul superamento dell’identità di genere e scardinerei tutte le regole tra i rapporti amorosi adulti imposte nella nostra società. Successivamente se potessi avere accesso alle programmazioni televisive mi piacerebbe cancellare tutti i programmi attuali e riprogrammare “Blob” per ogni canale, sarebbe un sogno… Parliamone.

 

Il tuo progetto più riuscito e il tuo personale modo di progettare…

Non parlerei di progetto più riuscito, ma al momento il progetto a cui tengo di più è Oikeiôsis, study of introspection, un progetto fotografico iniziato molti anni fa sul tema dell’introspezione psicologica. Il progetto verrà inaugurato con una mostra a cura di Twenty14 nel mese di Gennaio 2020. Da Oikeiôsis sono nati diversi progetti rivolti all’esplorazione dell’emotività umana e del mondo interiore. Ho molte passioni che si muovono tra il cinema, la musica, la danza e l’arte, tutte mi influenzano moltissimo in fase di progettazione. Quotidianamente documento la mia esperienza attraverso video e immagini e la rianalizzo in un secondo istante catalogando il materiale secondo un concetto, una sorta di psicoterapia delle immagini.

 

Perché la fotografia?

Sin da bambina scattavo fotografie a tutto quello che mi succedeva, è parte di me da sempre, non mi sono mai chiesta perché, sono “intrappolata” in un processo che è parte di me dall’infanzia. Ho sempre sentito l’esigenza di imprimere il ricordo e di averlo con me, disponibile, come se fosse possibile riviverlo nel presente e nel futuro. Banalmente è un modo per sconfiggere il tempo, per immobilizzarlo, ma ad oggi si è rivelato un metodo di indagine e di analisi.

 

Scatti in analogico, collage, display che va oltre alla classica stampa, mi racconti?

Il mio lavoro si sviluppa di diverse fasi, successive al momento dello scatto. Scatto quasi sempre in maniera incondizionata. Sono nata con la fotografia analogica, nella mia famiglia era consuetudine fotografare l’architettura delle città che visitavamo e gli amici, per conservarne il ricordo. Nasce tutto così, ad oggi continuo questo processo perché mi appartiene. L’immediatezza del digitale non lascerebbe il tempo per poter riflettere, cambiare e costruire. L’attesa dello sviluppo del rullino è un processo fondamentale per me, muta l’intento e collabora col progetto. La passione per il cinema ha influenzato la manipolazione del linguaggio fotografico nella creazione di sequenze narrative e interventi manuali che danno “vita” all’immagine, in questo modo ho iniziato a lavorare in serie e creare dei collage. La passione per le fanzine e i magazine di musica e moda mi ha spinto a voler realizzare non solo fotografie, ma poster, locandine, grafiche e così è nata la sperimentazione in diverse direzioni.

 

Qual è il tuo approccio in merito e come nasce questa volontà di “andare oltre”?

Lo scatto è guidato dall’impulso, mentre la selezione nasce dall’analisi di un tema legato ad una ricerca, molte volte introspettiva. La volontà di andare oltre nasce dalla ricerca della verità, dal disperato bisogno di cogliere il senso della vita, la comprensione del mondo, la condizione umana e l’ignoto. Tutto in relazione con la volontà di conoscere anche se stessi, insomma, un vero disastro.

 

EMDR e Riflessioni sulla Psyche sono due dei tuoi ultimi progetti, mi puoi raccontare qualcosa a riguardo?

EMDR è uno degli ultimi progetti a cui sto lavorando, nasce dalla volontà di descrivere attraverso le immagini e il video il processo della psico-terapia di desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. È un lavoro legato al trauma, alle conseguenze e al suo superamento. La terapia, relativamente recente, viene applicata al trattamento di traumi e disturbi post traumatici. I video e le immagini rappresentano i protocolli della terapia e le percezioni del paziente. Durante questa terapia avviene come una “scissione della personalità” in diverse fasi temporali, è come se il paziente andasse in soccorso di se stesso nel passato, per poi tornare nel presente e immaginarsi nel futuro. È un lavoro che mi affascina moltissimo, di come un individuo possa dialogare con se stesso sia in maniera consapevole, attraverso l’immaginazione, sia inconsapevolmente attraverso la stimolazione bilaterale degli emisferi che crea una specie di fase REM da sveglio.
Riflessioni sulla Psyche, al contrario, lo definisco un esercizio fotografico. Partendo dalla credenza che la fotografia rubi l’anima, la serie indaga sulla potenzialità del linguaggio fotografico, ponendo un dubbio sull’intera immagine che diventa astratta. La discontinuità tra le ombre crea un universo nuovo in cui il soggetto ritratto nella foto perde forma e scompare lasciando spazio a ciò che accade attorno, dietro e lontano da lui.

 

Un artista contemporaneo e un designer che ritieni significativi e perché.

Ci sono molti artisti che hanno influenzato il mio lavoro, per citarne alcuni diversi tra loro: Joseph Beuys, Bruce Nauman, Bill Viola, Michel Auder, Jonas Mekas, Vito Acconci, Yvonne Rainer, Gina Pane… non so se riuscirei a sceglierne uno in particolare. Sono attratta dagli artisti che esplorano il mondo interiore e ossessivamente documentano ogni momento della realtà come Jonas Mekas e Michel Auder. Sono affascinata dalle opere che hanno un carattere visionario come i lavori di Bill Viola, dagli artisti che lavorano con il proprio corpo e il rapporto con lo spazio mettendo in crisi concetti base stimolando la logica come Vito Acconci o Bruce Nauman. Ed infine sono molto attratta da coloro che si spingono al limite, come il lavoro di Gina Pane sul tema del dolore e così via… Ultimamente mi sono innamorata del lavoro di Katalin Ladik, poetessa ungherese, attrice e performance artist. La coreografa Anne Teresa De Keersmaeker e la sua compagnia di danza contemporanea Rosas influenza costantemente la mia ricerca, l’uso dello spazio, i costumi, i gesti e le ripetizioni nelle sue coreografie hanno moltissimi punti in comune con la mia ricerca. Un designer che seguo molto è Peter Saville, i suoi artwork per i Joy Division influenzano ancora oggi tutti i designer.

 

Un progetto a breve e uno a lungo termine che vorresti realizzare.

Al momento sto aprendo con mio fratello Lino, uno studio fotografico e un atelier da una vecchia fabbrica di fiori artificiali nascerà il nostro nuovo studio, FIORIARTIFICIALI (hyperlink https://fiori-artificiali.it/).
Un altro progetto a cui tengo moltissimo che sto sviluppando con le curatrici, Matilde Scaramellini e Elena Vaninetti, è Identity, un workshop di fotografia analogica, dedicato ai ragazzi delle scuole medie che abitano le periferie di Milano. Abbiamo portato a termine tre incontri in cui abbiamo realizzato una fanzine per quartiere, nate interamente dalle immagini dei ragazzi, senza alcuna influenza esterna. Lavorare con loro è stata un esperienza impagabile, le nuove generazioni, bombardate costantemente da immagini, hanno un occhio fotografico e una capacità di analisi sorprendente. Un piccolo sogno nel cassetto è quello di poter aprire un istituto d’arte che scardina completamente la struttura scolastica che conosciamo, divisa per materie. È un progetto un po’ ambizioso, mi piacerebbe che le arti visive si integrassero tutte tra loro e gli iscritti potessero trovare la loro voce in diversi campi superando i propri limiti.

 

Mara Palena (b. 1988) vive e lavora a Milano. La sua estetica è stata influenzata dalla sua formazione nel campo della moda, dove ha lavorato per i più influenti fashion stylist dell’industria, ma nello stesso tempo ha rappresentato un passaggio, per avvicinarsi a qualcosa di diverso. Attraverso il mezzo fotografico studia il tema del ricordo e dell’identità. Il suo lavoro ha quasi sempre carattere installativo ed esplora l’utilizzo di diversi media. Lavora tra Milano e Londra come fotografa, film-maker e graphic designer. Il suo lavoro è stato esposto in diverse mostre collettive, la sua prima personale è stata ospitata da Twenty14 nel 2016. Il suo lavoro è stato selezionato ed esposto durante LA Photomonth 2017 e Lucie Foundation Los Angeles.

 

Intervista di Federica Tattoli

Instagram Mara Palena
www.mara-palena.com
www.fiori-artificiali.it

 

Still from “Problem Play” showing at NOWHERE Gallery- group show AMBIENTE PRIMO – LA MISURA – curated by Orio Vergani

 

From the series EMDR – Eye Movement Desensitization and Reprocessing

 

Still from “Problem Play” showing at NOWHERE Gallery

 

Still from “Problem Play” showing at NOWHERE Gallery

 

From the series Oikeiôsis, study of introspection

 

From the series Oikeiôsis, study of introspection

 

From the series Oikeiôsis, study of introspection

 

From the series Oikeiôsis, study of introspection

 

From the series Riflessioni sulla psyche